Intervistare Silvia Vecchini è stato bellissimo. Sicuramente perché Silvia, da poetessa e scrittrice, sa usare bene le parole, ma anche perché io aspettavo da tanto di poter parlare con lei. Erano i primi tempi che mi interessavo di illustrazione e di libri per bambini. Ero andato in una libreria per ragazzi ed avevo trovato il suo libro “Una frescura al centro del petto” . Avevo capito subito che dovevo leggere quel libro e che ci avrei trovato qualcosa di utile, di prezioso per me.
Parlare con Silvia effettivamente è stata un’esperienza splendida.
Ma vediamo di fare un po' il punto.
Il concetto attorno a cui ruota quest’episodio del podcast è quello della sorgente.
Silvia parla di una sorgente nascosta dentro di noi. È una sorgente che a volta può essere sepolta e va dissotterrata, oppure zampilla e straripa dal suo alveo, ma è lí, nascosta da qualche parte. I bambini la trovano facilmente, mentre spesso gli adulti perdono la strada per arrivarci. È il posto dove nascono le parole e le immagini, dunque è la sorgente della creatività, ma anche di qualcosa di profondo e importante, di una specie di spiritualità, che è come un contatto con tutto quello che ci circonda.
Silvia cita Chandra Livia Candiani, che ha tradotto i versi di Giallâl ad-Dîn Rûmi. Rumi è un poeta persiano del 1200, che tra i suoi tantissimi versi, ne ha composti alcuni su due tipi di intelligenze: una che va da fuori a dentro, quella che ci è più familiare, quella che viene dalla spiegazione di un maestro o dalle letture, e una che va da dentro a fuori, e che nasce da una parte di noi in cui c’è una sapere già completo, una sorgente che straripa dal suo alveo.
Mi chiedevo come questa idea della sorgente nascosta potrebbe aiutarmi nella mia pratica creativa. Vediamo di mettere un po' di ordine:
1. Dove guardare. Spesso per cercare ispirazione guardo immagini, illustrazioni di artisti che mi piacciono, o anche che non mi piacciono, o cerco referenze fotografiche per vedere meglio com’è fatto il mondo e poi replicarlo sul foglio. Tutto sacrosanto. Ma devo ammettere che raramente, difficilmente guardo dentro di me. Invece, per avere qualcosa di pratico da imparare e inserire nel nostro quadernetto, per cercare l’ispirazione, e accedere alla creatività, è necessario praticare lo sguardo verso dentro. Bisogna provare a cercare questa sorgente, calmare la nostra mente affannata, chiudere gli occhi, e mettersi in ascolto di qualcuno che raramente ascoltiamo: noi stessi.
2. I bambini. Creatività ed infanzia sono un binomio che continua a ritornare in questo viaggio. I bambini hanno un modo di fare e di imparare diverso dagli adulti. È incredibile quanto disimpariamo nell’arco della nostra vita. I bambini giocano, esplorano, si sorprendono. Essere creativi significa restare o tornare un po' bambini. Silvia dice che stare con i bambini è uno dei modi per far sgorgare la sua sorgente, e che un trucco per superare i blocchi creativi è proprio questo: stare con i bambini. Che si tratti altri bambini o del bambino nascosto dentro di noi, sembra proprio che questa sia un’altra tecnica efficace per avere una pratica creativa sana.
3. La pazienza. Silvia parla della pazienza e di come sia importante imparare ad aspettare, o se vogliamo accettare di aspettare. Anzi, dice proprio che affrettare il processo può essere dannoso. A volte la fretta è controproducente. Ci sono dei momenti in cui sembra che non succeda nulla, ma in cui in realtà il lavoro c’é, solo che è sotterraneo, invisibile. Se ci affrettiamo, probabilmente rischiamo di rovinare qualcosa che sta crescendo e che non è ancora pronto. Silvia ad un certo punto, dice che lei questo movimento lo vede come un nucleo, come un grande magnete che si carica e si carica e poi, quando è maturo, attira a sé dei pezzi che vengono da vicino e altri che sono lontanissimi, ma quasi senza sforzo tutto si avvicina per fare la sua parte e completare quello che stai cercando di costruire.
4. L’esercizio. Silvia dice che questa che ho appena descritto è solo una parte del processo creativo. Da un lato c’è questa attesa dell’ispirazione, la capacità di aspettare il momento speciale che arriverà ed in cui tutto sarà chiaro, pronto per essere portato in vita. Dall’altro, nel frattempo, non si sta fermi. Silvia cita Giuliano Scabia che parla in un suo intervento di come l’esercizio, cioè appunto la pratica, sia un camminare che porta alla visione, ovvero un procedere verso luoghi in cui non sei ancora stato. In effetti, anche a me è capitato di aver capito cose nuove o imparato, o sviluppato forme nuove facendo pratica, disegnando. Senza la pratica non ci sarei arrivato. Mentre fai, succedono delle cose e sono molto più forti, più efficaci di quelle che riesci ad immaginare quando non stai praticando.
5. La procrastinazione. Non possiamo aspettarci che qualcosa di meraviglioso succeda se siamo fuori forma, o se evitiamo di esercitarci, di praticare. E qui Silvia dice due cose che mi colpiscono: una è che se evitiamo di praticare, se allontaniamo il contatto con un linguaggio che ci affascina, vuol dire che c’è qualcosa nella nostra pratica che non sta funzionando e che va cambiato. E poi dice che il rapporto con la propria pratica creativa è misterioso, non è banale, va considerato con molta delicatezza, ma che tenere insieme ispirazione e pratica può essere un pensiero su cui val la pena riflettere.
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