Ho due figlie e Giulio coniglio l’ho conosciuto con loro. Mi ricordo le tante letture insieme e le tante risate seguendo le storie dei personaggi del bosco. Parlare con Nicoletta Costa, la mamma di Giulio coniglio, è stato come parlare con qualcuno che conoscevo da tanto tempo.
Con lei abbiamo parlato di tanti argomenti e ho trovato tanti spunti interessanti per la mia pratica creativa, primo tra tutti il riferimento al divertimento.
Verso la fine dell’intervista Nicoletta mi dice che quello che per lei è più importante è essere contenta, creare una storia che le faccia vibrare la “corda del divertimento”.
E questa è una conclusione a cui sto arrivando pian piano anche io. Sto capendo che uno dei segreti per riuscire a portare avanti una pratica creativa è proprio il divertimento.
Sembra banale, ma non è affatto scontato.
Io sono un tipo molto determinato. Nella mia vita ho sempre creduto che impegnandoti puoi riuscire a realizzare i tuoi desideri, che con il duro lavoro e la tenacia puoi, entro certi limiti, ottenere tutto quello che vuoi. E in effetti cosí è stato. Impegnarsi non è mai stata per me la parte più difficile. La parte difficile è stata capire quali fossero i sogni giusti da realizzare, e per riuscire a capirlo ci ho messo molto tempo. Ma questa è un’altra storia.
Ad un certo punto, mentre mi impegnavo, e lottavo per raggiungere i miei obiettivi, mi sono accorto che ero sempre nella zona del devo: devo impegnarmi di più, devo lavorare di più, devo fare questo, devo fare quello. E che non ero mai nella zona del “voglio”. Mi rendevo conto che da tanto tempo non facevo qualcosa solo perché mi andava di farlo, perché volevo farlo, o perché mi piaceva farlo.
Se parliamo di arte e creatività, spesso si pensa che siano attività leggere, ricreative, facili, che vengono spontanee. Almeno, io lo credevo. Quando ho deciso di riprendere le matite e i pennelli, dopo tanti anni che ne ero stato lontano, avevo sottovalutato la zona del devo. Cioè il mio atteggiamento era quello che avevo avuto sempre: mi sarei impegnato, dovevo lavorare, a testa bassa, dovevo avere una volontà di ferro, dovevo concentrarmi, dovevo dovevo dovevo. E infatti non ha funzionato. Facevo fatica. I risultati non erano quelli che mi aspettavo. Magari c’era la tecnica, ma il lavoro non era diciamo “ispirato”. È allora che ho scoperto il potere del voglio.
Quello che ho capito è che non importa solo il devo ma che è ancora più importante il piacere di fare qualcosa. Ed è molto più potente. Fare qualcosa per il piacere di farlo significa arrivare ad un grado di concentrazione, di intuizione, anche di resistenza e dedizione completamente diverso.
Nella zona del devo ci si stanca moltissimo. Sei cosí concentrato nello sforzo che molte energie sono dedicate solo alla fatica, all’impegno di fare qualcosa. Nella zona del voglio, invece, le energie non finiscono mai, anzi, più fai, più le energie si ricaricano. È un po' come la differenza tra batterie normali, che prima o poi si esauriscono, e batterie solari, o ancora meglio quelle ricaricabili. Non ti lasciano mai a piedi.
Se fai qualcosa per il piacere di farlo, è tutto diverso. Sono convinto che anche tu l’hai provato e sai di che parlo.
Non è detto che tutto diventi magicamente facile, che non ci siano difficoltà, questioni da risolvere, soluzioni da trovare, ma è come se mettessi il turbo, hai una forza speciale per affrontare tutto e a volte raggiungi dei risultati anche superiori alle tue aspettative.
E poi, c’è la questione tempo:
ho capito che quando sei nella zona del devo, quando fai qualcosa solo perché devi farlo, questa modalità non può durare tanto, richiede troppa energia, ad un certo punto non ce la fai più e crolli. Se sei invece nella zona del voglio, se insegui il piacere e il divertimento, puoi essere sicuro che questa strada durerà, sarà molto più sostenibile nel tempo.
Parlando con Nicoletta Costa ho segnato anche altri punti che mi voglio ricordare.
1. La strada delle storie. Nicoletta racconta un aneddoto simpatico, in cui ci dice che ha un cavallo. La storia comincia letteralmente cosi: io guido malissimo”, e questo è un particolare rilevante, perché per andare a trovarlo deve percorrere 20 chilometri di stradine piene di curve. Guidando per queste stradine, a Nicoletta vengono le migliori idee. Non è la prima volta che sento casi come questo, tipicamente le buone idee si dice che vengano mentre si guida o mentre si fa la doccia. Infatti, sembra che se il nostro cervello è occupato a fare qualcos’altro, le idee siano libere di nascere e fluire libere ai margini del nostro stato di coscienza. Ma Nicoletta dice anche qualcos’altro che mi sembra molto interessante: le idee le vengono quando sta bene, ad esempio quando è immersa nella natura, o per citarla letteralmente, quand’è nella cacca di cavallo. In fondo se ci pensi, anche quando facciamo la doccia siamo rilassati, e magari le idee ci vengono perché stiamo bene, siamo in uno stato che ci permette di catturare quegli sprazzi di luce che altrimenti si perderebbero nella confusione in cui siamo immersi tutto il tempo. Quindi ritorniamo a bomba, stare bene, come divertirsi, è produttivo, almeno in termini di creatività.
2. La solitudine. Il lavoro di un creativo si svolge di solito in solitudine, richiede un certo livello di concentrazione che si ottiene più facilmente stando da soli. Quante volte ho sentito illustratori descrivere il loro lavoro come solitario. E non sempre in modo positivo. Nicoletta dice che, almeno ad un certo punto, la possibilità di confrontarsi con qualcun altro, ad esempio con l’editore, è molto importante, proprio perché dal confronto le idee possono crescere e migliorare. Alcuni artisti o creativi in generale scelgono di lavorare in spazi condivisi, proprio perché il confronto è creativo ed è produttivo. Se ci pensi, questo è vero sempre, non soltanto nella vita creativa: cresciamo quando ci confrontiamo con il mondo esterno, con gli altri, quando riusciamo a ridimensionare noi stessi trovando altre unita di misura per il mondo e per la vita, quando conosciamo nuove persone, quando viaggiamo. A maggior ragione questo è vero per la pratica creativa.
3. La tecnica. Nicoletta dice più volte in questo episodio del podcast che non sa disegnare. Non ha mai studiato, disegna come una bambina, dice che non ne sa di disegno realistico. Eppure, ha realizzato 600 libri in 40 anni, un’enormità. E credo che anche al di lá dell’editoria, lei sia un esempio di come l’aspetto tecnico è uno degli elementi ma non il solo per riuscire a comunicare, a dire qualcosa. Molto spesso dedichiamo moltissimo tempo a studiare gli aspetti tecnici di un lavoro, ho in mente le illustrazioni ma vale per ogni tipo di attività creativa. E sicuramente la tecnica rende un risultato molto più ricco, può dare ad un messaggio rotondità, profondità, lo rende più attraente. Ma la tecnica resta sempre un mezzo, non un fine. Significa che se hai una buona idea e una tecnica scarsa, il messaggio riesci comunque a passarlo, mentre non è vero il viceversa: se hai una tecnica perfetta ma non hai contenuti da trasmettere, non vai da nessuna parte. Dunque, non dimentichiamoci mai che la tecnica è solo una delle dimensioni di un lavoro creativo, e non è la più importante.
Qualche idea di “esercizi” che possiamo fare ispirandoci a Nicoletta, soprattutto per sviluppare la nostra consapevolezza in certe aree in cui non necessariamente lavoriamo se non stimolati.
1. La zona del devo e quella del voglio. Hai mai provato a fare attenzione a quante volte dici “devo” in una giornata? Ti va di fare questo piccolo test? Annotare o contare quante volte dici devo, da mattina a sera. Vediamo se riesci a soprenderti. E poi, ovviamente, puoi provare a controllare quanti di questi devo possono trasformarsi in voglio. L’ideale sarebbe avere in una giornata la maggioranza di voglio e pochissimi devo. Provaci, vediamo come va.
2. Il divertimento. Ok, È facile dirsi adesso mi siedo e mi diverto, ma in realtà come si fa? Anche qui, puoi cominciare con un esercizio di consapevolezza, facendo una lista di tutto quello che ti diverte, anche quello che ti fa stare bene, secondo me possiamo tenerci larghi e considerare sia il benessere che il divertimento, insieme. E poi, una volta fatta questa lista, quanti di questi elementi puoi portare nella tua pratica creativa per renderla più divertente?
3. Nicoletta ha la sua strada delle storie dove sa che le vengono le idee migliori, Qual è la tua strada delle storie? Proviamo a chiederci qual è il luogo o il momento in cui ci vengono le migliori idee per risolvere i nostri dilemmi creativi. Se seguiamo l’esperienza di Nicoletta, dovrebbero essere delle situazioni in cui riusciamo a stare bene. Questi luoghi, questi momenti saranno le nostre strade delle storie, i nostri posti in cui rifugiarci nei momenti di crisi o difficoltà, quindi è importante prenderne consapevolezza.
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