Mattia Colombo è un regista. Mi sono chiesto più volte se avesse o no senso intervistare un regista per questo podcast. Quando ho sentito che Mattia aveva frequentato l’Accademia di Belle Arti e che aveva iniziato una carriera da pittore professionista, ho immaginato che la sua avrebbe potuto essere una storia interessante da ascoltare. Mattia è un narratore per immagini. Con i suoi mezzi realizza quadri, che raccontano storie, in modo molto efficace. Dopo aver realizzato l’intervista ho avuto la conferma che la sua voce doveva assolutamente essere ascoltata.
Mattia ricorda con affetto il professore dell’Accademia di Belle Arti di Firenze che era stato suo insegnante di pittura e maestro di vita: Adriano Bimbi. Mattia ci dice che è proprio da questo professore che ha imparato ad ascoltare e specialmente ad ascoltarsi, a chiedersi perché gli interessa un tema, o una figura, perché è importante per lui, perché vuole rappresentarli in un certo modo.
Questo spunto mi ha fatto pensare: Ho provato a chiedermi: perché mi interessano certi temi? Per esempio, ciclicamente, mi imbatto in alcune tematiche fisse. Una di queste è la mitologia. Mi rendo conto che dopo un po' di tempo in cui mi sono dedicato ad altre ricerche, ci ritorno, ci ricasco. Dopo un po' di mesi, a volte anche dopo un po' di anni, ricomincio a leggere libri, interpretazioni, storie che riguardano la mitologia, a guardare l’arte classica greca o latina, come se ci fosse un lontano ricordo, qualcosa di profondo, sepolto da qualche parte in me, che mi fa riconoscere questo tema in particolare come vicino, affine. Il primo ricordo che ho della mitologia è la mia maestra delle elementari che racconta la storia di Teseo e del Minotauro. Me lo ricordo ancora. Ma mi ricordo anche quando da piccolo sfogliavo le pagine di un’enciclopedia, si chiamava: “Vita Meravigliosa”. Ai tempi era già vecchia ed era in casa dei miei genitori già da diversi anni; aveva di particolare di non avere fotografie, ma solo disegni, era completamente illustrata. Da piccolo cercavo le illustrazioni soprattutto degli dei dell’olimpo, e guardavo accanitamente quelle immagini, ci ritornavo, le copiavo. Qualche anno dopo mi ricordo che furono distribuite in edicola l’iliade e l’odissea di Omero a fascicoli, e avevano delle bellissime illustrazioni, oltre a delle pagine interessantissime sul mito e sulla cultura greca. Ho anche un ricordo indelebile di una serie TV sull’Odissea che andava sulla Rai negli anni Settanta.
Insomma, scavando un po' in effetti riemergono tantissimi ricordi sulla mitologia classica, e quelli piu forti sono sicuramente quelli di quando ero bambino. Provo affetto per quelle storie, per quelle immagini, che mi facevano sognare a occhi aperti. Molto del mio immaginario è legato a quelle sensazioni. Insomma, ci sono dei temi su cui tendiamo a ritornare.
Una volta ho letto questa bellissima teoria di un neuroscienziato, si chiama il principio di Hebb: cioè il nostro cervello è come un campo su cui passa un aratro, e segna delle tracce, dei solchi. Ogni pensiero è un solco. Pensieri che abbiamo avuto, o anche catene di pensieri che abbiamo avuto in passato tendono a ritornare, a percorrere lo stesso solco. A volte, per pensare in modo diverso, o trovare soluzioni diverse, dobbiamo uscire dal solco tracciato e segnarne un altro, uno nuovo. Forse ci interessano alcuni temi particolari per una questione fisiologica, tendiamo a ripercorrere gli stessi solchi. Ma sicuramente è interessante chiedersi perché? Perché vogliamo indagare o comunicare qualcosa, perché ne sentiamo il bisogno? Da dove vengono queste necessità? Mattia lo descrive come ascoltarsi, ed è un bellissimo modo di descriverlo, il mettersi in ascolto di se stessi, ascoltare il nostro suono, la nostra musica, per riuscire a capirci meglio o semplicemente per arrivare in nuovi luoghi creativi. Conoscere meglio le nostre ragioni, è anche un gesto di empatia verso noi stessi. Per riuscire a creare il nostro lavoro migliore dobbiamo creare una situazione favorevole per noi, un ambiente accogliente, dobbiamo avere comprensione, anche compassione per noi stessi, dobbiamo volerci bene. Ecco, ascoltarsi è anche un gesto di amore verso se stessi, di rispetto, verso quell’universo vasto e difficile da esplorare, che siamo noi.
Parlando con Mattia Colombo ho segnato anche qualche altro punto da ricordare.
1. Essere artigiani. Mattia racconta che da ragazzo aveva scelto gli studi artistici perché voleva fare non l’artista ma il pittore. Gli era chiaro che gli piaceva l’aspetto artigianale del dipingere. È una tematica discussa in tanti libri e da tanti creativi: la questione di processo verso risultato finale. È un po' come quando ti dicono che non importa la destinazione ma importa il viaggio. Una delle mie scoperte degli ultimi anni è stato proprio che nell’arte e nella creatività è il processo che conta, o è ciò che conta di più. È ovvio che il risultato è importante, non facciamo finta che il risultato non conti nulla, ma sulla mia pelle, ho capito che se ti preoccupi solo del risultato, rompi un po' la magia, o finisci per bloccarti, o vivere l’esperienza creativa in un modo poco piacevole. Il processo conta di più. Goderti quello che stai facendo, la ricerca, l’esperienza, è proprio il punto centrale della pratica creativa. È il motivo per cui gli artisti e i creativi non si accontenteranno mai di quello che offre l’Intelligenza artificiale. Perché non è il risultato che conta davvero, ma è l’esperienza, quello che provi. È vivere quello stato speciale, che ti tiene legato a questa cosa folle che è l’arte. Lo fai per vivere quegli attimi. È per provare quelle sensazioni che continui a tornare al tavolo da lavoro, non per le meraviglie che puoi creare. Ad esempio io mi aggrappo forte ad alcune sensazioni che ho provato mentre disegnavo tantissimi anni fa, e che per me sono chiarissime, e che voglio ritrovare, e che mi ossessionano, come se fossero uno di quei momenti in cui tutto sembra chiaro, cristallino, in cui senti che tutto è al posto giusto e ha un senso. Anche se è banale, sembra proprio che nella pratica creativa quello che conta sia proprio il viaggio e non la destinazione.
2. Innamorarsi. Mattia vorrebbe che il pubblico si innamorasse dei protagonisti dei suoi documentari come se n’è innamorato lui. Questa frase mi è piaciuta moltissimo. Mi è piaciuto pensare all’autore che si innamora di una storia e si innamora dei suoi protagonisti, un po' come nel mito di Pigmalione e Galatea. Mi è piaciuto che usi la parola amore. Quando comincia a realizzare uno dei suoi documentari, Mattia si imbarca in un viaggio che può durare anni, quindi è importante scegliere storie e direi soprattutto personaggi di cui sia profondamente convinto, fino ad amarli, perché altrimenti non potrebbe raccontare le loro storie, non potrebbe superare tutte le difficoltà, i momenti difficili, di smarrimento, insicurezza, tutti i problemi che incontrerà lungo il percorso. Amare. Amare il lavoro creativo, ma soprattutto amare la storia che stai raccontando, il progetto su cui stai lavorando. Non sempre possiamo scegliere quello su cui dobbiamo lavorare, ma se possiamo scegliere, è importante che sia una scelta guidata dall’amore, dalla possibilità di un innamoramento. Amando quel progetto, quella persona che stiamo raccontando, disegnando, possiamo superare quella soglia invisibile che divide il lavoro dalla necessità. La necessità di creare quel progetto perché è affine a noi, perché parla anche di noi, diventa inevitabile andare avanti e completarlo.
3. L’immagine. Mattia ci racconta come funziona il suo processo creativo. In particolare, ci dice che le idee per un documentario gli possono venire leggendo libri, o articoli di giornale, e se qualcosa lo colpisce, gli si forma in mente un’immagine, l’immagine chiave. Mattia lo attribuisce al fatto di essere un artista visivo prima ancora che un regista, e quindi di avere un’abitudine a visualizzare, a ragionare per immagini. Una volta che ha un’immagine forte e una storia, allora molto probabilmente, c’è anche un film. Mi sembra un processo molto vicino a quello utilizzato per la creazione di un albo illustrato, o di un’illustrazione in generale. Quando, leggendo una storia o un articolo, riusciamo a visualizzare un’immagine, quello è già il segno che quella storia o quell’articolo ci ha colpito, che ha toccato qualche punto delicato , che in qualche modo quell’immagine ce l’abbiamo già dentro, che siamo pronti, anzi, che non vediamo l’ora di cominciare a crearla. In fondo, la parola immaginazione, contiene in sé la parola immagine, ed è un po' la creazione di immagini nella nostra mente. Visualizzarle nella nostra mente. La visualizzazione è una tecnica molto potente anche per superare le ansie di quello che non conosciamo, ad esempio il futuro: immaginare il futuro nei suoi dettagli minimi, e immaginare noi stessi agire in quel futuro, ci aiuta a controllarlo un po', e a gestire la paura, l’ansia dell’ignoto. Lo stesso lo possiamo fare con i nostri progetti. La possibilità di visualizzare quello che non conosciamo ci aiuta a dargli delle dimensioni, ce lo rende già un po' reale. E più dettagli immaginiamo, più diamo a quell’immagine delle possibilità di diventare reale.
A questo punto, ci salutiamo con qualche proposta di attività per la prossima settimana.
- Primo gioco: a volte ritornano. Pensando ad ascoltarsi, al perché certi temi ci interessano, ti chiedo quali sono i temi che ti interessano di più? Ci sono dei temi che ritornano periodicamente? E se ci sono, perché credi che succeda? Cosa ti dicono questi temi di chi sei? E dai loro spazio o sono ancora tutti nel tuo cassetto? Se dovessi affrontare uno di questi argomenti, da quale partiresti, qual è il più urgente per te?
- Secondo: il viaggio. Prova a dedicare una giornata a goderti il tuo processo creativo. Ad esplorarlo, ad arricchirlo, a renderlo interessante, affascinante, stimolante, decidi tu cosa preferisci. Prova a pensare alla tua pratica come un’esperienza da godere. Puoi fare quello che vuoi. L’unica regola è il godimento, goderti il tuo processo creativo, qualunque cosa funzioni per te. Poi fai caso a quello che succede e magari prendi nota, per non dimenticartene.
- Terzo: Visualizzare. Magari usi già tanto la visualizzazione, ma se ancora non lo fai, o non lo fai abbastanza, provaci. Prova a cominciare da una situazione personale, qualcosa che devi fare a breve, un appuntamento, un colloquio, un incontro. Prova a dedicare qualche minuto a visualizzare quell’esperienza, ma fallo nei dettagli. Lavora moltissimo sui dettagli, non solo visivi ma anche olfattivi, tattili, prova ad immaginare le tue emozioni e le tue sensazioni. Visualizzare attivamente e con abbondanza di dettagli è un esercizio che può portarti molti benefici, può aiutarti a gestire meglio una situazione, può abituarti a prendere gusto nell’immaginare, nel creare immagini e sperimentare che effetto hanno su di te. Può essere un’attività davvero trasformativa.
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