Questa settimana abbiamo ascoltato nel podcast la storia di Antonello Silverini, illustratore.
Antonello è un maestro, un artista di grande esperienza; sono numerosissime le sue illustrazioni che popolano riviste, quotidiani e libri. La sua tecnica è ricca, densa, e la costruzione delle sue immagini è articolata, studiata, nulla è lasciato al caso e tutto ha un significato. E molto spesso ci vuole portare in territori lontani da noi, che ci facciano stare scomodi, che ci possono anche disturbare, ma che sicuramente ci conducono in luoghi nuovi, insoliti, diversi da quelli a cui siamo abituati.
Antonello ci dice che l’Arte è una porta e non è uno specchio. L’arte non serve a riconoscere se stessi, non serve a granché se ci limitiamo ad apprezzare quello che ci somiglia, in cui riusciamo a riconoscerci, quello che ci calza a pennello, ma è proprio quando è diversa da noi, quando ci provoca fastidio, o comunque sensazioni che ci fanno sentire almeno un po' a disagio, è proprio allora che ci aiuta a crescere, che ci arricchisce. Mi è piaciuta quest’immagine dello specchio e della porta, cioè dell’arte non come qualcosa di chiuso, che ci riflette, ma qualcosa che è fatto per passarci attraverso. La strada che usa Antonello per frantumare lo specchio e attraversarlo è fatta di simboli, che lasciano significati aperti, è fatta di misteri, enigmi, sogni, inquieti e a tratti inquietanti. Ci provoca, ci spinge a farci domande, a guardare meglio, a cercare di capire, ci invita a tornare più volte con gli occhi su quelle immagini per trovarne un senso, vedere che significano per noi e cosa ci raccontano di nuovo.
Cosa imparo da questo modo di affrontare le illustrazioni? Di solito non utilizzo il registro inquietante, non ci ho mai neanche pensato. Ma in effetti ha un suo fascino e una sua utilità. Noi siamo naturalmente attratti da quello che ci disturba, che ci fa stare a disagio. Anche se non ci piace nel modo più classico del termine, resistiamo a fatica. È un po' la stessa zona dei film horror, ovviamente con le dovute differenze: siamo attratti da qualcosa che è giusto al di là della soglia della zona di comfort, qualcosa che ci fa paura ma non troppo, che ci faccia stare nella paura quel tanto che basta per prenderci un po' confidenza. Lo stesso può dirsi per questa sensazione di inquietudine, da cui siamo attirati perché ci dà la sensazione di essere disturbati ma in un modo che possiamo imparare a gestire. Ecco, quello che forse posso imparare da tutto questo è l’importanza di uscire un po' da sé. Quando Antonello parla di specchi e di porte, certo fa un discorso che può riferirsi a noi stessi, a quanto come artisti possiamo cercare di uscire noi stessi da una situazione di comodità, di quanto sia necessario innanzitutto per noi stare scomodi quando pensiamo a un progetto. Ma quello che mi interessa qui è anche pensare a quello che succederà allo spettatore. A volte nella mia pratica mi sembra di pensare molto a me, a come mi sento, a quello che mi succede, e va benissimo, ma credo sia necessario anche pensare al di fuori di sé, a quelllo che succederà a chi guarda. Antonello parla di come lo spettatore potrà trovare nell’Arte una porta per entrare in nuovi mondi, nuove prospettive. Quello che allora voglio annotare è questo proposito: chiedermi cosa voglio che succeda nello spettatore quando vedrà o userà quello che sto creando. Se sarò in grado di risvegliare delle emozioni, di catturare la sua attenzione, se gli offrirò una porta e verso dove quella porta lo condurrà. Quello che sto creando potrà avere il potere di creare un cambiamento in chi guarderà, in chi entrerà in contatto con il mio lavoro. Sapere che tipo di cambiamento voglio che accada nello spettatore è una guida da tenere sempre a vista.
Parlando con Antonello Silverini, ho annotato qualche altra idea che non voglio dimenticare.
Intellettuale. Antonello dice chiaramente che lui ha proprio l’intenzione di mettere nell’immagine moltissimi significati, di creare più livelli di lettura, gli interessa questo aspetto della creazione e della fruizione razionale delle illustrazioni. Gli interessa l’idea e il suo sviluppo: la costruzione dell’idea e dell’immagine è un processo, un procedimento non istintivo, non di pancia. Antonello non è uno che si ferma alla prima idea che gli viene in mente, o che comincia a disegnare e vede dove lo porterà la matita, anzi è tutto il contrario. Per lui l’immagine è un progetto, che ha diverse fasi, un progetto articolato complesso, che prevede diversi aggiustamenti e correzioni. Ogni parte di questo progetto ha un significato: la composizione, ma anche l’approccio grafico, il segno, persino il supporto. Tutto ha un significato. Ogni strada è una scelta. Ogni scelta è consapevole. Ad un certo punto, in una parte della nostra conversazione che non ho incluso nel podcast, Antonello mi dice che questo suo approccio intellettuale non significa che lui sia senza cuore, anzi, il fuoco sacro dell’ispirazione c’è anche per lui, ma costruire immagini che abbiano un senso e un significato, è sicuramente la sua priorità.
Grammatica. Ho parlato anche con Antonello di stile, di voce. Antonello mi dice qualcosa di interessante ad un certo punto: lo stile è un linguaggio, e come ogni linguaggio ha una grammatica, e anche delle sue regole. È una lingua personale che si spera diventi comprensibile a tutti. Ecco, questo mi ha colpito perché ha aggiunto un altro elemento a questa definizione della “voce” a cui cerco di arrivare parlando con questi creativi, alla comprensione del suo significato. In linea con quello che Antonello dice di sé, del suo essere più intellettuale che emotivo, c’è anche questa definizione dello stile come linguaggio con una sua sintassi e una sua grammatica. Capire qual è la nostra grammatica, quali sono gli elementi che ci appartengono, le regole che governano i rapporti tra questi elementi, è sicuramente un approccio da considerare per mantenere una voce autentica e coerente. Antonello aggiunge anche che per lui arrivare a definire la sua voce è stato un percorso naturale, che non si è messo a studiarlo a tavolino. Anche questo è un altro elemento importante: grammatica si, regole si, ma che rispecchino chi siamo, quello che ci piace di più, che non sia una moda o lo scimmiottare lo stile di qualcun altro.
Nutrimento. In più di un momento, durante il podcast, Antonello ribadisce che per lui è importante prendere ispirazione dal mondo fuori: letture, cinema, musica, quadri. Assorbire, nutrirsi del mondo è fondamentale per un illustratore. È fondamentale per costruire quella grammatica di cui parlavamo prima. Uscire da sé e aprirsi agli stimoli, arricchire il proprio bagaglio di emozioni, di significati, di connessioni mentali è la base del lavoro di un illustratore. Più ci nutriamo di stimoli interessanti, più saremo capaci di digerirli e di farli nostri, arricchire le possibilità, cercare anche nuove strade che non siano state ancora percorse. L’illustratore, ma in generale anche il creativo, non può essere isolato in sé senza guardare fuori, cosa succede nel mondo e cosa succede nell’animo umano. Il tema qui è quello dell’ispirazione, da dove nasce, come arriva. C’è un bel libro di Stephen King: “On Writing. Autobiografia di un mestiere”, che è una grande guida al processo creativo. Stephen King ci dice che secondo lui le idee non nascono in un posto particolare, ma sono come sospese in aria, fluttuano verso di noi. Il nostro compito da creativi non è inventare idee ma riconoscerle quando ci si presentano. Le idee ci circondano;i l mestiere del creativo consiste nello stare all’erta, nel coglierle, nello stare attento ad ogni forma che l’ispirazione può prendere.
A questo punto, ci salutiamo con qualche proposta di attività per la prossima settimana.
Ragione e sentimento. Il mondo non è bianco e nero, figuriamoci quello delle illustrazioni: è sicuramente fatto di tutti i colori e tutte le sfumature. Eppure, possiamo provare a giocare, cosí, per esplorare, chiedendoci: “qual è la forza che, per lo meno in questa fase, prevale nel nostro modo di illustrare, o di creare in genere? Siamo più ragione o sentimento? Più testa o più pancia? Quando affrontiamo un nuovo progetto lo facciamo in modo istintivo o in modo meditato, progettuale? Proviamo ad interrogarci su che tipo di illustratore siamo in questo momento, quale anima prevale in noi adesso. Questo esercizio può aiutarci in una delle azioni di cui parliamo più spesso in questa rubrica: il prendere consapevolezza di sé. Ad esempio, io sono più ragione, più testa in questa fase, ma questo non sempre si allinea alle sensazioni che mi piacciono di più nel processo creativo, che non sono quelle progettuali. Se c’è un disallineamento di questo tipo tra il nostro modo naturale di affrontare il lavoro creativo e quello che però ci aspettiamo, possiamo rischiare di confonderci o di restare bloccati. L’invito è sempre quello di osservarsi ed imparare a conoscere il modo in cui funzioniamo dal punto di vista creativo, per assicurarci che il nostro processo scorra fluido e non incappi in ostacoli che lo blocchino.
Abbecedario. Qual è la tua grammatica? Se il tuo modo di creare fosse una lingua, quali sarebbero le regole che la governano? Quali sarebbero i mattoncini che la costituiscono, come fossero le lettere di un alfabeto? In che relazione sarebbero tra loro? Credo sia interessante immaginare il proprio stile, la propria voce, come una lingua, lo strumento base della nostra comunicazione. Allora tutti gli elementi della nostra voce artistica possono essere come lettere, parole, frasi, sostantivi, verbi, pronomi, tutti elementi che concorrono a creare qualcosa che abbia un senso compiuto. La tua voce è fatta di segno, colore, texture, atmosfera, calligrafia, contenuti, che hanno una coerenza. Qual è la tua grammatica? Sei in grado di descriverla, di articolarla? Prova a scrivere una o due pagine che chiariscano gli elementi e le regole della tua grammatica. Ancora un altro esercizio di consapevolezza per scoprire chi siamo, cosa vogliamo dire e come farlo.
Bocconcini. Dopo aver visto un film, dopo aver ascoltato un brano musicale, segna su un quaderno una breve frase, un bocconcino di nutrimento per te. In una frase, prova a scrivere cosa hai imparato da questa serie tv, da questo libro, una sola frase che riassuma il nutrimento più importante che questo contenuto ha regalato alla tua creatività. Un bocconcino alla volta, un passo alla volta, possiamo costruire un cammino.
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